venerdì 29 novembre 2013

Una sana, inconsapevole... diffidenza

Lo riconosco: sono diffidente per natura.
Non è che non riesca a fidarmi degli altri, è che tale fiducia, quando c'è, non è mai totale, nasconde sempre un non so che, un qualcosa di impercettibile, un'imprecisabile tendenza a rimanere sul chi va là, sul "ok ok, va bene, ma tanto appena ho due minuti ri-verifico tutto".
Mi capita a lavoro, in famiglia, con amici. Vi dirò di più: mi capita anche con me stesso (!).
Forse deriva dal mio essere quello gli psicologi chiamerebbero un iper-razionale.
Trovo questa tipologia di atteggiamenti anche negli animali, si tratta per caso di un istinto primordiale?
La chiamo anche Sindrome di San Tommaso.
Insomma, sono un pallosissimo (in)credulone.

Non mi interessa soffermarmi sul fatto se tale diffidenza sia una cosa positiva o negativa, un pregio o un difetto. Non ne vado fiero ne me ne vergogno e non me ne preoccupo.
Però c'è, è lì, la sento, fa parte di me.

Ma, in realtà, ciò che ho scritto finora non è del tutto vero. Ed è qui che interviene la parte incoerente di me.
Ora, la domanda è: ma come la mettiamo con le infinite sfacettature della vita che non sono oggettivamente certificabili, forse non lo saranno mai, e sulle quali in nessuno modo potrei essere sicuro della loro esistenza o validità, così come della loro inestistenza o nullità?
La risposta più ovvia sarebbe: non le considero neanche. In questo blog, però, di ovvio non leggerete niente quindi rassegnatevi.
Temi religiosi, mistici, scaramanzia, mondo paranormale.
Aspetti che nessuna equazione, nessun paper, nessun Premio Nobel potranno mai dimostrare.
Voi mi direte: uno come te dovrebbe non crederci a prescindere.
E invece no: non li boicotto, tutt'altro, mi affascinano, li osservo con interesse e curiosità.
D'altronde, se come scrisse Jung anche "la ragione deve ammettere la propria incompetenza", allora in alcuni casi non resta che alzare le mani, arrendersi e lasciarsi andare. Anche per i San Tommaso come me.

Ma per i fatti tangibili, oggettivamente valutabili, concreti, definiti ma non per questo definitivi, rimane la mia generale diffidenza.
Una diffidenza sana, inconsapevole, come la libidine salva giovani di Zucchero.

Gianni

lunedì 18 novembre 2013

Sempre con quel cellulare in mano...

Faccio parte delle generazioni 2.0, Social Network, digitali. Chiamatela come volete, ma ne faccio parte.
Ne faccio parte perché sono super-arci-convinto che questa non sia una moda passeggera, ma sia un cambiamento reale del mondo che è già in atto, cambiamento in meglio, ovviamente intendo.
Rimando ad altra sede la spiegazione del perché, in concreto, penso che questi strumenti stiano stravolgendo in meglio il mondo e torno con un carpiato con due avvitamenti al tema di questo articolo:
"Sempre con quel cellulare in mano... e basta!".

Non so voi, ma mi sono sentito fare questa osservazione un sacco di volte, troppe.
Non ho mai sopportato i pregiudizi sugli Smartphone, derivanti prevalentemente dalla non conoscenza dello strumento.
I pregiudizi, in un modo o nell'altro, portano sempre e comunque sulla cattiva strada.
La generazione dei nostri padri-zii-nonni soffre di una rara forma di misoneismo: hanno tremendamente paura del nuovo.
E' una malattia ed è molto difficile da curare.
Purtroppo l'associazione che spesso ingenuamente viene fatta è la seguente: stai smanettando con il "cellulare" = stai telefonando/messaggiando.
Insomma, un modo neanche troppo gentile per dirti: basta cazzeggiare!

Iniziamo, per prima cosa, a fare una scissione netta e categorica: non mi puoi dire "sempre con quel cellulare in mano..." se invece io in mano ho uno Smartphone.
Dunque, la prima risposta da dare a tali sprovvedute persone è la seguente: "non è un cellulare!".
Diabolica genialità di Steve Jobs a parte, lo Smartphone è un oggetto miracoloso, è riuscito a soddisfare dei bisogni che non solo prima di allora sono sempre stati insoddisfatti, ma addirittura neanche si sapeva di avere.
Essere riusciti a racchiudere in un oggetto minuscolo e leggerissimo l'infinita potenza di Internet di cui il mondo è stato inondato, e dei suoi interminabili strumenti derivati, equivale a dieci rivoluzioni industriali messe insieme.

Ma, allora, di quale cellulare stiamo parlando?
La cosa raggiunge livelli di assurdità che sfiora la comicità quando chi ti rimprovera, ad esempio, lo fa mentre sfoglia un giornale.
Ma come? E io, secondo te, cosa sto facendo?
Non solo leggo il giornale con il mio Smartphone, ma lo pago, lo archivio, lo sottolineo e ne condivido le parti più interessanti con i miei amici.
Il tutto in maniera del tutto legale, senza inquinare l'ambiente o disboscare foreste. 
Qualcos'altro da aggiungere?

La cosa evidentemente non cambia se anziché sfogliare il giornale, l'indivuo sta guardando la TV, leggendo un libro, ascoltando la radio, acquistando scarpe, cercando una ricetta, studiando ecc. ecc..
Siate aperti ai cambiamenti, non abbiate pregiudizi sulle novità, soprattutto se come in questo caso portano ad un miglioramento collettivo.

E W gli Smartphone :)

Gianni

venerdì 15 novembre 2013

Scelgo la musica

La vita è davvero qualcosa di incredibile e vale la pena viverla fino in fondo, giorno dopo giorno.
Senza pretese, senza progetti, senza obiettivi.
Dico sul serio.
Vale la pena viverla senza legami con il passato e neanche con il futuro.
Tutto questo ti distrae dalla cosa più importante: l'oggi, l'adesso.
Una volta che l'hai capito, tutto il resto vien da sé, è una conseguenza dell'oggi.
Solo lasciando scorrere quel fiume che è la vita realizzeremo davvero la nostra natura, la nostra essenza più autentica, senza condizionamenti.
La nostra anima ci guiderà solo se la lasceremo fare da sola.
Ogni progetto, ogni obiettivo categorico, creano dei massi, dei tronchi di albero, degli accumuli di sabbia che impediscono a quel fiume di scorrere liberamente.
Solo rimuovendo queste barriere realizzi la tua profondità e la tanto ricercata felicità, così bella da non trovare definizione né leggi scritte che la rappresentino.

Proprio in questo modo mi sono avvinato alla musica, quando ero bambino.
Ed è proprio in questo modo che dalla musica sono tornato, dopo essermene allontanato.

Mi ero allontanato dalla musica perché avevo su di essa obiettivi, aspettative, pretese, più o meno consapevoli. In questo modo ho allontanato, da me stesso, una parte di me.
Sembravano motivazioni, in realtà erano solo disattenzioni travestite da attenzioni, intralci travestiti da opportunità, che hanno creato tensioni e perdita di energia, distaccamento dalle cose vere.
Solo quando ho messo da parte tutte queste distrazioni, la musica è tornata a farmi visita e l'ho potuta riabbracciare, il più inaspettatamente possibile, senza progetti, senza obiettivi.

E allora ri-eccomi qui, privo di particolari esigenze, ma solo con una grande spensieratezza che mi aiuta a stare meglio con la musica e con me stesso nella musica.

Scelgo la musica ma in realtà non sono io a sceglierla ne lei a scegliere me, semplicemente con i Nadim Duo ritorno ad essere più vicino a me stesso e alle mie più naturali attitudini, quelle che ti fanno stare bene anche se non vuoi, anche senza accorgertene.

Con questo articolo inauguro il nostro blog e... bentornato :)

Gianni