venerdì 10 gennaio 2014

Inglesismi forzati? Non ci piacciono!


Va bene che l'inglese è la lingua più diffusa del mondo.
Va bene che se giri per il mondo e vuoi farti capire, devi parlare inglese.
Va bene che è la lingua più musicale del pianeta.
Va bene che lo insegnano a scuola fin dalle prime età.

Va bene tutto, ma con questo articolo vogliamo esternare la nostra contrarietà all'abuso spropositato dell'inglese in tutti gli aspetti della nostra quotidianità.
E' impressionante come l'inglese sia entrato in troppe nostre parole, mescolandosi ad esse o molto spesso addirittura sostituendole.

Siamo d'accordo sul fatto che in alcuni casi sia più comodo e consono utilizzare degli inglesismi ormai consolidati nella nostra cultura.
Si pensi ad esempio, la prima cosa che ci viene in mente casualmente, a parole come ok, stop, cd, fan e tantissimi altre.
In questi casi il termine è talmente radicato che è come se parlassimo in italiano.
Ma noi ci riferiamo proprio all'esagerazione ormai dirompente e francamente insopportabile.

Così la musica dal vivo diventa live music.
Una sessione acustica diventa acoustic session.
Una versione acustica di un brano diventa unplugged version.
La maggior parte dei gruppi musicali tendono a chiamarsi con un nome inglese anche se sono italiani.

Basta!
Non se ne può davvero più.

Sei italiano? Chiamati con un nome italiano! 
Sei italiano e abiti in Italia? Parla italiano!

Sembra quasi che storpiare le cose o chiamarle in inglese faccia figo.
A volte sembra che sia una sorta di soggezione, oppure una specie di gelosia.
Ma perché dobbiamo parlare in inglese se siamo italiani e siamo in Italia?
Che senso ha?

Fatevene una ragione: siamo italiani!
Vi può piacere o meno, ma è così.

E' brutto voler essere delle altre cose rispetto a quello che si è.

E infatti, come potete notare, nella nostra foto di presentazione abbiamo voluto scrivere musica dal vivo e sessioni acustiche, rigorosamente in italiano.

Per chiudere, come dicono dalle nostre parti: fabedda tricolore! :)

Gianni